domenica 1 maggio 2011

Schelling

Friedrich Wilhelm Joseph von Schelling (1775-1854) nacque a Leonberg, nel Württenberg, e studiò nel seminario protestante di Tubinga (il famoso Stift), dove strinse amicizia con Hegel. Fra i suoi primi scritti, influenzati dal pensiero di Fichte, vi sono le Lettere filosofiche su dogmatismo e criticismo, mentre nelle successive Idee per una filosofia della natura e soprattutto nel Sistema dell’idealismo trascendentale emerge appieno l’originalità della sua speculazione. Divenuto professore a Jena, partecipò al circolo romantico formatosi intorno a F.Schlegel; con Hegel curò inoltre la pubblicazione di un Giornale critico della filosofia. Allontanatosi da Jena e rotti i rapporti con Hegel, che lo aveva criticato nella prefazione alla Fenomenologia dello spirito, Schelling maturò una nuova fase del suo pensiero, caratterizzata da un accentuato interesse mistico-religioso, espresso ad esempio nelle Ricerche filosofiche sull’essenza della libertà umana. Fu presidente dell’Accademia delle scienze e dal 1841 insegnò a Berlino nella cattedra che era stata di Hegel. I suoi ultimi corsi universitari propongono, come alternativa teorica al sistema hegeliano, una “filosofia positiva”: essa è ampiamente esposta nella Filosofia della mitologia e nella Filosofia della rivelazione, opere pubblicate postume.
La filosofia di Schelling nasce da un esame critico dell’idealismo fichtiano, al quale si deve obiettare di aver relegato la natura in un ruolo subalterno; nelle Idee per una filosofia della natura l’idealismo è ritenuto capace, infatti, di rendere ragione non solo dello sviluppo della coscienza, ma anche di quello del mondo naturale. Influenzato dalle nuove scoperte nel campo della chimica e dei fenomeni organici, Schelling utilizza i concetti di attrazione, repulsione, polarità e potenziamento per interpretare filosoficamente la natura come un grande processo organico articolato su più livelli, corrispondenti ad altrettanti gradi dello spirito. Nel Sistema dell’idealismo trascendentale questa concezione è pienamente sviluppata, giungendo al massimo dell’astrazione e del rigore concettuale. Il punto di partenza di Schelling è in effetti l’Assoluto come coincidenza di io e non-io, di soggetto e oggetto, di consapevolezza e inconsapevolezza. All’interno di questa indistinzione originaria, lo spirito viene spiegato a partire dalla natura e viceversa, mentre l’Assoluto è definito come l’Identità originaria dell’identità e della differenza. Se è vero che natura e spirito sono del tutto simmetrici e paralleli – come l’estensione e il pensiero nel sistema di Spinoza – essi presuppongono però che all’interno dell’unità originaria dell’Assoluto si sia prodotta una distinzione. Risalire dalla molteplicità del finito all’unità dell’Assoluto è possibile soltanto con un’intuizione intellettuale mediata dall’esperienza artistica. L’arte è l’organo della filosofia come sapere dell’Assoluto: essa è espressione dell’infinito nel finito. L’Assoluto è infatti al tempo stesso sia natura che spirito: esprimendolo in forma razionale ci è possibile coglierlo solo in parte, mentre l’arte afferra l’Assoluto nella sua globalità, andando ben oltre i gradi iniziali del processo conoscitivo, rappresentati dalla sensazione, dalla riflessione e dalla volontà.
Il pensiero etico di Schelling riprende e sviluppa motivi kantiani e fichtiani, proponendo come supremo comandamento morale il seguente: “Agisci in modo che la tua volontà sia volontà assoluta; agisci in modo che l’intero mondo morale possa volere la tua azione (secondo la sua materia e forma); agisci in modo che nessun essere razionale sia posto dalla tua azione […] come semplice oggetto, bensì come soggetto cooperante”. Nell’ultima fase del suo pensiero Schelling attacca invece la filosofia moderna – soprattutto nella versione hegeliana – definendola come “filosofia negativa”, basata solo sulla logica e sulla dimostrazione. Ad essa va contrapposta una “filosofia positiva”, che sia capace non solo di cogliere l’essenza delle cose (il was, il concetto), ma anche l’esistente (il dass, il reale); tale filosofia positiva si articola in una filosofia della mitologia, in cui si rivela la natura di Dio, e in una filosofia della rivelazione, in cui Dio si manifesta pienamente nella sua libertà creatrice.

© Giovanni Scattone 2011