giovedì 7 aprile 2011

Carlo V

Secondogenito dell’arciduca d’Austria Filippo d’Asburgo e di Giovanna la Pazza (figlia dei re cattolici Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia), Carlo era destinato a unire le corone iberiche con gli stati ereditari asburgici. Essendo sua madre immersa in una silenziosa pazzia, Carlo crebbe nei Paesi Bassi sotto la tutela della zia paterna Margherita d’Asburgo, reggente dei Paesi Bassi. In ambito religioso, Carlo fu influenzato dal maestro Adriano di Utrecht (il futuro papa Adriano VI), seguace della “devotio moderna” (che ritrovava Dio nella propria anima mediante la meditazione individuale e l’imitazione di Cristo).
Nel gennaio 1515 Carlo diveniva principe dei Paesi Bassi; l’anno dopo moriva (23-1-1516) il nonno materno Ferdinando, cosicché Carlo si trasferì in Spagna per prendere possesso dei nuovi reami (Castiglia e Aragona). Una serie di rivolte scoppiarono a Toledo, Burgos e Segovia, perché i borghesi spagnoli volevano, facendo leva sui ceti popolari, influenzare a proprio vantaggio la politica del nuovo re. Ma Carlo, senza preoccuparsi troppo di queste rivolte, lasciò la Spagna mentre le sue truppe sbaragliavano gli insorti nella battaglia di Villalar (23-4-1521) e la Spagna restava sotto il controllo di un fidato reggente: Adriano di Utrecht (nel frattempo divenuto cardinale).
Nel 1519 la morte dell’imperatore Massimiliano lasciò vacante la corona imperiale, alla quale ambivano sia Carlo che il re di Francia. Carlo vinse la difficile partita (27-6-1519) sborsando un milione di fiorini in contanti, grazie a un prestito dei banchieri Fugger, che furono ricompensati con appalti, feudi e miniere. In Germania Carlo si scontrò però con il problema della Riforma: dopo la condanna di Lutero (Worms, 19-4-1521) scoppiarono prima la guerra dei cavalieri e poi quella dei contadini (1524-26), represse nel sangue, senza però che Carlo riuscisse a mantenere un’unità politica e religiosa in Germania.
Dal 1521 in poi tutta la potenza economica e militare di Carlo V fu mobilitata nella lotta contro la Francia di Francesco I e poi di Enrico II: con qualche pausa la guerra proseguirà fino al 1559. La Francia poté resistere grazie alla solida unità nazionale, mentre le principali terre di contesa erano l’Italia e la Borgogna.
Quando, il 24-2-1525, Francesco I fu sconfitto a Pavia cadendo prigioniero degli imperiali, la Francia non cedette: la pace di Madrid (14-1-1526) impose al re sconfitto (e ancora prigioniero) la rinuncia alla Borgogna e alla Lombardia, ma non scalfì il potenziale militare francese. La guerra ricominciò e Carlo riuscì a prevalere nel duro conflitto contro la Lega di Cognac (Francia, Firenze, Venezia, Stato pontificio). Chi ebbe la peggio fu papa Clemente VII, perché i lanzichenecchi tedeschi attuarono nel maggio 1527 il celebre “sacco di Roma”. La pace firmata a Cambrai il 3-8-1529 da Luisa di Savoia (madre di Francesco I) e Margherita d’Asburgo (zia di Carlo V) fu detta “pace delle due dame” e confermò in sostanza l’accordo di Madrid del 1526.
Sistemata la questione italiana facendosi incoronare a Bologna da Clemente VII (24-2-1530) e reinstaurando i Medici a Firenze, Carlo V ebbe le mani libere per affrontare due gravi problemi del suo impero: la riforma luterana e la pressione turca.
I principi luterani, dopo la vittoria sui contadini (1525), si separarono dalla maggioranza cattolica nella dieta di Spira (19-4-1529) votando la famosa “protesta” (da cui il nome “protestantesimo”). Filippo Melantone redasse la Confessione di Augusta, espressione della fede luterana, mentre i protestanti si riunivano nella Lega di Smalcalda (1531) e si alleavano con i turchi e con i francesi contro Carlo V, che fu costretto a stipulare l’Interim di Norimberga (23-7-1532): esso lasciava le cose insolute sino alla convocazione di un concilio.
Intanto i turchi premevano: dopo la vittoria di Mohàcs (1526) contro gli ungheresi, l’esercito di Solimano il Magnifico aveva raggiunto il Danubio, spingendosi nel 1529 sino alle porte di Vienna. La mediazione del papa portò alla precaria pace di Nizza (1538), dopo che la spedizione di Carlo V a Tunisi – benché vittoriosa – non aveva scalfito la potenza turca.
In Germania Carlo V non riuscì a domare i protestanti, nonostante una vittoria nella battaglia campale di Muhlberg (24-4-1547) sui principi protestanti, uniti nella seconda Lega di Smalcalda. Nel 1555 la pace religiosa di Augusta sancì il principio “cuius regio, eius religio” per cui ogni principe tedesco era libero di imporre ai sudditi il proprio credo religioso. Il concilio invocato da Carlo V fu infine riunito a Trento nel 1545 dal papa Paolo III; intanto l’impero spagnolo oltreoceano si espandeva in Cile e Perù, ma i metalli preziosi provenienti dall’America divenivano via via indispensabili per l’economia dell’impero.
Nel 1556 Carlo V abdicò, designando il fratello Ferdinando a succedergli negli stati ereditari d’Austria e lasciando al figlio Filippo II la Spagna, i domini d’Italia e di Fiandra e tutte le colonie.

© Giovanni Scattone 2011