martedì 26 aprile 2011

Il Concilio di Trento

Diciannovesimo concilio ecumenico della Chiesa cattolica (1545-63). Si aprì alla presenza di 31 vescovi, presieduto da 3 legati papali (i cardinali Del Monte, Cervini e Pole). Il Concilio sembrava necessario a molti già dai tempi della dieta di Worms (1521) e della controversia con Lutero; anche l’imperatore Carlo V aveva sollecitato un concilio, che però né papa Adriano VI né papa Clemente VII Medici avevano convocato. Lo convocò invece Paolo III Farnese.
Nel Concilio di Trento il diritto di voto fu limitato ai vescovi e ai generali degli ordini religiosi, mentre i teologi avevano solo una funzione consultiva. I decreti venivano discussi in tre tappe: a) nelle congregazioni dei teologi le questioni erano discusse davanti ai vescovi; b) nelle congregazioni generali i vescovi discutevano i testi proposti; c) nelle sedute solenni si votavano definitivamente i decreti.
Lo sviluppo del Concilio di Trento si articolò in tre fasi:
1) (13-12-1545/11-3-1547). Questo primo periodo fu caratterizzato da accese discussioni sul problema della giustificazione per fede e su quello dell’obbligo per i vescovi di risiedere nella propria diocesi.
2) (1-5-1551/28-5-1552). Dopo un periodo di stasi, con un trasferimento momentaneo  Bologna, il Concilio riprese a Trento nel 1551 su iniziativa del papa Giulio III. Per un breve periodo parteciparono ai lavori anche delegati protestanti, ma ben presto si allontanarono e sena di loro furono prese le decisioni relative all’eucaristia, alla penitenza e all’estrema unzione. Con il pontificato di Paolo IV, diffidente verso il Concilio, i lavori furono sospesi per vari anni. Intanto la frattura della Chiesa dovuta al protestantesimo in Germania e al calvinismo in Svizzera era cosa compiuta.
3) (18-1-1562/4-12-1563). Alla terza fase del Concilio non parteciparono protestanti; i delegati provenivano soprattutto da Italia, Spagna e Francia. Notevole influenza sulla terza fase ebbero l’imperatore Ferdinando e il re di Spagna Filippo II. Divergenze fra il papa e l’imperatore furono sanate dal cardinal Moroni, mentre quello che doveva essere un concilio di unione fra cattolici e protestanti era ormai diventato un concilio interno al cattolicesimo (e quindi di “controriforma” o, secondo alcuni storici, di “riforma cattolica”).
I decreti dottrinali riguardarono il matrimonio, il purgatorio, il culto dei santi e le indulgenze. Più ampie furono le decisioni disciplinari sull’organizzazione interna della Chiesa (visite pastorali, parrocchie, predicazione, ordine religioso). Il 26-1-1564 Pio IV approvò tutte le decisioni dei tre periodi. Furono redatti il “Catechismo romano”, la “Professione di fede tridentina”, il nuovo Messale e il nuovo Breviario, nonché un’edizione ufficiale della Volgata, la Bibbia latina.
Dopo il Concilio di Trento le decisioni dottrinali ivi prese furono spesso accentuate in senso antiprotestante: così fu sottolineato il numero dei sacramenti (sette), nella giustificazione la fede fu subordinata alle opere, la Chiesa fu identificata con i sacerdoti, la lettura personale della Bibbia fu vista con sospetto, mentre indulgenze e culto dei santi erano enfatizzati.

© Giovanni Scattone 2011