mercoledì 23 marzo 2011

Il destino dei Romanov

Quando la rivoluzione del febbraio 1917 li destituì, i Romanov regnavano sulla Russia da tre secoli. La prima guerra mondiale si risolse in un disastro per la Russia. Nel marzo 1917 si era sull’orlo del tracollo e a Pietrogrado operai, studenti e militari protestavano in piazza. Lo zar Nicola II decise allora di rinunciare al trono. Il governo provvisorio di Kerenskij mise l’intera famiglia imperiale agli arresti domiciliari nella villa di campagna a Tzarskoe Selo: lo zar Nicola II, la zarina Alessandra, l’erede al trono dodicenne (il malaticcio Alessio, emofiliaco) e le quattro figlie di età compresa fra i 22 e i 16 anni (Olga, Tatiana, Maria e Anastasia). Lo zar, costantemente sorvegliato, si dedicò agli intarsi in legno, alla pesca e al giardinaggio. Dal 1907 la famiglia dello zar era stata molto influenzata dal monaco Rasputin (individuo sinistro e presunto taumaturgo), che fu però ucciso da alcuni nobili nel 1916.
Kerenskij nell’estate del 1917 decise di esiliare in Siberia l’intera famiglia reale, perché da un lato i bolscevichi volevano uccidere lo zar e dall’altro i monarchici tramavano per riportarlo sul trono. Nel novembre 1917 i bolscevichi prevalsero e la Russia si ritirò dalla guerra. Nell’aprile 1918 Lenin decise di trasferire la famiglia imperiale in una casa di Ekaterinburg, controllata a vista da alcuni soldati bolscevichi. L’ex zar aveva ormai cinquant’anni, mentre il tredicenne Alessio era sempre più malato. Intanto i “bianchi” filomonarchici, appoggiati da 40.000 soldati cechi, avanzavano verso Ekaterinburg: pertanto il 16 luglio 1918 le guardie bolsceviche (comandate da Yakov Yurovskij) decisero di sterminare la famiglia imperiale e di bruciarne i corpi. Questa almeno è la versione ufficiale dei fatti.
Nel 1919 il filomonarchico Sokolov condusse un’inchiesta che approdò alla conclusione secondo cui l’intera famiglia imperiale era stata uccisa la sera del 16 luglio 1918, ma altri sostennero che solo l’ex zar era stato eliminato, mentre i suoi familiari erano stati risparmiati (questa era ad esempio la convinzione di sir Charles Eliot, console inglese in Siberia). Ad ogni modo, le molte persone che dichiararono in seguito di essere dei Romanov scampati al massacro furono smascherati come impostori. [Ad esempio il 17 febbraio 1920 una donna salvata da un poliziotto mentre stava affogando in un canale a Berlino disse di essere Anastasia scampata alla strage. In realtà si chiamava Anna Anderson, ma alcuni parenti dello zar la riconobbero come Anastasia.]
Nel dicembre 1918 spuntò un’infermiera, tale Natalia Mutnich, che dichiarava di aver visitato personalmente la zarina Alessandra e le sue quattro figlie, che sarebbero pertanto sopravvissute allo zar. Infine, nel periodo di Gorbaciov alla fine degli anni Ottanta, furono svolte nuove indagini. Nell’estate del 1991, in una fossa presso Ekaterinburg, furono ritrovati nove scheletri: dopo approfondite analisi, tali resti sono stati identificati con quelli dello zar Nicola II, della moglie, del loro medico personale, delle tre figlie maggiori e di tre domestici. La mancanza dei resti attribuibili ad Anastasia e ad Alessio lascia però aperti molti interrogativi.

© Giovanni Scattone 2011