lunedì 21 marzo 2011

La guerra di Libia

Nel 1907 i francesi avevano occupato Casablanca, in Marocco. Nell’aprile 1911 una rivolta contro il sultano del Marocco servì da pretesto alla Francia per un nuovo intervento, che portò all’occupazione di Fez. La Germania, che aveva anch’essa mire sul Marocco, inviò l’incrociatore Panther provocando una crisi diplomatica tra francesi e tedeschi. L’Italia, riavvicinatasi alla Francia dopo la guerra doganale, decise di intervenire in Libia, soprattutto per la pressione di gruppi finanziari e capitalistici, appoggiati da una propaganda che insisteva sul nazionalismo e sull’esigenza di riscatto coloniale dopo la disfatta di Adua. Il primo ministro Giolitti fu così sollecitato soprattutto dal Banco di Roma che, fra il 1906 e il 1910 aveva attuato un notevole aumento di capitali e intendeva ora esportarne in Libia.
Vari intellettuali e politici si schierarono pubblicamente a favore dell’intervento e vari giornali (fra cui La stampa e il Corriere della sera, forte di ben 200.000 copie) presentarono la Libia come una terra promessa e la guerra come una crociata contro gli infedeli. Anche poeti come Gabriele D’Annunzio celebrarono l’esigenza di intervenire militarmente (e lo stesso fecero Pascoli e Corradini). Le motivazioni ideologiche a favore dell’intervento erano quindi: 1) l’Italia che fino allora esportava forza lavoro dequalificata e a basso prezzo, finalmente poteva trovare una terra promessa; 2) la Libia era già italiana, in quanto un tempo era stata romana; 3) non bisognava essere da meno delle altre potenze europee.
Gli oppositori alla campagna libica furono parte dei socialisti e dei cattolici: costoro insistevano sulle scarse ricchezze della Libia e sui rischi dell’impresa. Fra i contrari alla guerra si distinsero il socialista Turati, il repubblicano Nenni e il socialista rivoluzionario Mussolini: gli ultimi due furono anche arrestati e condannati a un anno di carcere.
La guerra di Libia fu combattuta sostanzialmente contro i turchi. Il 24 settembre 1911 Vittorio Emanuele III aveva autorizzato Giolitti a mandare un ultimatum alla Turchia chiedendo l’autorizzazione a occupare la Libia. La risposta negativa dei turchi provocò la dichiarazione di guerra (29 settembre). Entrò dapprima in azione la marina italiana, poi un contingente che passò gradualmente da 30.000 a 100.000 uomini. Infine fu usata anche l’aviazione (aerei e dirigibili).
L’esercito italiano non era ben preparato e subì perdite a causa di incursioni da parte dei gruppi irregolari arabi: le repressioni da parte dell’esercito italiano furono spesso crudeli. In generale i libici preferivano la protezione turca e non simpatizzarono con gli invasori italiani: ne conseguì una logorante guerriglia. Intanto però la marina italiana riportava alcune vittorie contro i turchi nell’Egeo e ai Dardanelli.
Con la pace di Losanna si ebbe un accordo italo-turco (ottobre 1912): l’Italia ottenne la Libia e si impossessò anche del Dodecaneso e di Rodi. Ma in Cirenaica rimasero truppe turche e in Libia la guerriglia proseguì anche negli anni seguenti.
La guerra di Libia costò all’Italia 3400 morti e 4200 feriti.

© Giovanni Scattone 2011