mercoledì 9 marzo 2011

La guerra civile spagnola

La situazione della Spagna prima della guerra civile è caratterizzata innanzitutto da un colpo di stato, nel 1923, ad opera del generale Miguel Primo de Rivera, con l’appoggio del re Alfonso XIII. Nel 1930, dopo sette anni di governo semidittatoriale, Primo de Rivera fu costretto a dimettersi per le proteste popolari; nelle elezioni del 1931 democratici e repubblicani vinsero e il re dovette lasciare il paese. Si formò così una repubblica; nell’estate del 1932 fallì un nuovo tentativo di colpo di stato militare, mentre nell’autunno del 1934 fu sanguinosamente repressa una insurrezione anarchica.
La vittoria delle sinistre (del “Fronte popolare”) nelle elezioni del 16-2-1936 avrebbe dovuto portare a riforme sociali, a un’amnistia per i detenuti politici incarcerati dopo l’insurrezione di sinistra del 1934, al ristabilimento di uno statuto autonomo per la Catalogna. Ma il governo di Casares Quiroga incontrò non poche difficoltà: da un lato i gruppi estremi della sinistra vedevano nella vittoria elettorale l’inizio di una fase rivoluzionaria, cosicché vi furono grandi scioperi e occupazione di terre nei latifondi del Sud; dall’altro lato le forze di destra fecero ricorso alle forze armate e i gruppi della “Falange spagnola” (un partito fascistoide) si scontrarono con gruppi della sinistra in varie parti del paese.
Intanto la situazione economica era disastrosa: svalutazione, disoccupazione, fuga di capitali all’estero. Il sollevamento militare, preparato per mesi, prese occasione dall’assassinio del deputato di estrema destra Calvo Sotelo: ebbe inizio il 17-7-1936 sia in Marocco che in Spagna con scontri fra i ribelli e l’esercito regolare (la “guardia civil”) in disfacimento. Il presidente Azaña affidò a Martinez Barrio, e poi a Giral, il nuovo governo formato dai partiti della sinistra repubblicana, che sciolse l’esercito e ordinò la distribuzione di armi ai partiti e ai sindacati della sinistra.
La destra non riuscì a imporsi a Madrid, Barcellona, Valencia e nei Paesi Baschi, ma si impossessò del Marocco, delle Baleari, delle Canarie e della Castiglia. La Spagna fu così spaccata in due, con confini molto fluidi. Nella zona dei “nazionali” si andava configurando un’organizzazione statale militarizzata, mentre nella zona repubblicana il tessuto sociale era disgregato (il governo Giral controllava in pratica solo Madrid, e le altre zone erano in mano a partiti e sindacati antifascisti, mal coordinati fra di loro).
Colonne di miliziani furono mandate contro le zone occupate della destra, ma queste formazioni erano male equipaggiate e agivano senza una regia unica. Nelle zone repubblicane ci furono fughe dei proprietari terrieri e forme di autogestione operaia o contadina: ciò soprattutto dove era forte l’organizzazione socialista UGT (Unión general de trabajadores). Le milizie repubblicane, specie quelle di matrice anarchica, non accettarono di essere inquadrate in un esercito organizzato. Così a Madrid c’era il governo centrale, a Barcellona gli anarcosindacalisti e nei Paesi baschi i nazionalisti cattolici: e ciascuno combatteva a sé. Peraltro anche la destra militare del “pronunciamiento” era divisa in tre zone: Francisco Franco, in Marocco; il generale Queipo de Llano che aveva occupato Siviglia; e il generale Mola in Castiglia.
Nell’agosto 1936 Italia e Germania inviarono aiuti e Franco riuscì a portare – con degli aerei - le truppe marocchine e della legione straniera oltre lo stretto di Gibilterra, congiungendosi così con gli altri generali. Intanto il governo francese promuoveva un accordo di non intervento in Spagna, sottoscritto dalle potenze europee, che impedì ai repubblicani di ricevere armi (mentre l’aiuto tedesco, 4500 uomini più gli aerei che distrussero Guernica, proseguì indisturbato, come pure quello italiano).
Franco giunse dunque in Andalusia e si aprì facilmente la strada verso Madrid, anche grazie alla disorganizzazione dell’esercito repubblicano (non sostenuto da un adeguata industria bellica). Al governo Giral seguì quello del socialista Largo Caballero, che comprendeva repubblicani, socialisti, comunisti e nazionalisti baschi. Per i comunisti (PCE) la guerra era una lotta per l’indipendenza della nazione spagnola, che richiedeva un esercito organizzato. Invece i comunisti estremisti (POUM, Partido obrero de unificación marxista) sostenevano la necessità di formare subito un governo rivoluzionario, sciogliendo il Parlamento e rompendo l’accordo con le forze repubblicane non comuniste. In realtà il POUM raccolse adesioni solo in Catalogna; gli anarcosindacalisti, dal canto loro, dopo una proposta rapidamente abortita di governo federale, finirono con l’aderire al governo di Largo Caballero. Le divisioni fra i repubblicani restavano comunque notevolissime.
Dall’estate 1936 la guerra spagnola divenne per l’Europa antifascista una presa di coscienza collettiva, che determinò fenomeni di solidarietà (i quali non diedero però grandi frutti). I paesi europei erano comunque frenati dalla politica di non intervento, dalla paura di invischiarsi in un conflitto internazionale e dal timore del comunismo. Comunque l’URSS fornì un po’ di armi e materiale bellico, mentre i comunisti organizzarono brigate internazionali di volontari.
Fino al marzo 1937 si combatté accanitamente a Madrid e le destre (compresi molti fascisti italiani) furono respinti dalla capitale e sconfitti a Guadalajara (con l’importante contributo delle Brigate Garibaldi formate da volontari italiani). I “nazionali” si unirono sotto il comando di Franco (il “caudillo”), occuparono Malaga e i Paesi baschi: si formò così un unico “Movimiento Nacional” militarizzato.
Il governo Largo Caballero, fuggito a Valencia, si mise sulla difensiva: i dissidi interni al fronte repubblicano aumentarono fino ad aperti scontri nel maggio 1937 a Barcellona fra gruppi anarcosindacalisti e l’esercito regolare. Cadde così il governo Largo Caballero, sostituito dal socialista moderato Negrín (con un gabinetto di repubblicani, socialisti e comunisti). L’azione di questo governo fu più decisa, e vennero arrestati vari dirigenti del POUM. Però i franchisti conquistarono Bilbao il 18-6-1937 e avanzarono nella valle dell’Ebro, dopo molti combattimenti, nell’aprile del 1938 (dividendo così in due il fronte repubblicano).
La mancanza di aiuti militari e il dissesto economico, oltre alla migliore organizzazione dell’esercito franchista, condussero alla disfatta repubblicana. Negrìn cercò di salvare la situazione con un “governo di unione nazionale”, che si propose un programma in 13 punti (fra cui la costituzione di una repubblica popolare; il rispetto delle autonomie regionali; la protezione della proprietà privata, entro certi limiti; una riforma agraria; una legislazione sociale).
Però nel luglio 1938 con la battaglia dell’Ebro (durata fino a dicembre) i franchisti avanzarono ancora. Barcellona fu occupata il 26-1-1939; Negrín fu esautorato da una giunta militare che tentò un disperato accordo con Franco, finché il 28-3-1939 le truppe franchiste entrarono a Madrid e il 1-4-1939 i vincitori proclamarono la fine della guerra.
La guerra civile spagnola provocò 500000 morti e 300000 profughi.

© Giovanni Scattone 2011