Nei primi anni del Novecento si era affermato un imperialismo colonialista, che aveva alimentato attriti fra le grandi potenze soprattutto in Africa e nei Balcani; c’era stata inoltre una crescita nella dotazione di armamenti delle principali nazioni europee (particolarmente in Germania). Alla vigilia della guerra il quadro delle alleanze vedeva da un lato l’Intesa (Russia, Francia e Gran Bretagna), dall’altro gli imperi centrali (Austria e Germania). L’Italia era formalmente vincolata agli imperi centrali mediante la Triplice alleanza (1882), ma aveva buoni rapporti anche con le liberaldemocrazie occidentali: oltretutto restava vivo in Italia un irredentismo antiaustriaco che puntava alla conquista di Trento e Trieste.
Così le idee belliciste, i nazionalismi esasperati, la propaganda, il riarmo e le spinte del grande capitale finanziario cooperarono a far precipitare i rapporti fra le grandi potenze. La scintilla occasionale che fece scoppiare il conflitto fu l’uccisione dell’arciduca Francesco Ferdinando da parte dei nazionalisti serbi a Sarajevo (il 28-6-1914). L’ultimatum austriaco alla Serbia e il conseguente attacco militare (23-28 luglio 1914) fecero scattare una serie di interventi a catena: la Russia mobilitò l’esercito in difesa della Serbia, inducendo la Germania a scendere in campo a fianco dell’Austria. I tedeschi dichiararono guerra alla Russia il 1 agosto e alla Francia il 3 agosto, mentre il 4 agosto la Gran Bretagna interveniva nel conflitto per la violazione della neutralità belga da parte della Germania.
Gli imperi centrali potevano contare sulle notevoli risorse dell’Europa continentale, ma Francia e Inghilterra (grandi potenze coloniali) erano più preparate a una guerra di logoramento, grazie ai rifornimenti asiatici e africani; potevano inoltre bloccare il flusso degli scambi via mare verso gli imperi centrali attraverso un ferreo blocco navale.
Nei Balcani la Bulgaria si unì agli imperi centrali e la Serbia finì per capitolare, mentre sul fronte francese l’attacco tedesco a Verdun (febbraio-giugno 1916) si risolse in un’infruttuosa carneficina (circa 600.000 morti). All’Intesa si unirono nell’estate 1916 anche la Romania e il Giappone, mentre lo scontro navale anglo-tedesco nello Jutland si risolveva in un nulla di fatto. I costi colossali della guerra, soprattutto in termini di vite umane, portarono nel 1917 a un vasto movimento pacifista (con l’appoggio dei socialisti di vari paesi e del Vaticano) che organizzò manifestazioni in tutta Europa. Notevole fu anche il fenomeno della diserzione e della renitenza alla leva.
Nell’aprile 1917, reagendo alla guerra sottomarina scatenata dalla Germania, anche gli Stati Uniti entravano nel conflitto a fianco dell’Inghilterra. Intanto in Russia, a causa della rivoluzione, il fronte cedeva di schianto costringendo i russi alla resa (pace di Brest-Litovsk, 3 marzo 1918).
L’offensiva austriaca a Caporetto (24-10-1917) metteva in ginocchio gli italiani che, dopo una disastrosa ritirata, si attestavano sulla linea del Piave; ma in territorio francese i tedeschi furono sconfitti ad Amiens (11-8-1918), mentre gli inglesi avanzavano in Turchia.
Il collasso degli imperi centrali portò al disgregarsi dell’impero austro-ungarico; gli italiani, ora guidati dal generale Diaz, dilagarono a Vittorio Veneto (24-10-1918). Il 9 novembre un’insurrezione operaia a Berlino proclamava la repubblica, costringendo alla fuga Guglielmo II: l’11-11-1918 una delegazione tedesca firmava l’armistizio di Rethondes. Intanto l’impero austro-ungarico si era dissolto (l’Austria divenne una repubblica) e cedette Trentino e Friuli all’Italia.
La prima guerra mondiale provocò 10 milioni di morti, con la distruzione di intere regioni e la perdita di grandi risorse. La pace fu stipulata a Versailles il 18 gennaio 1919.
© Giovanni Scattone 2011